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Intelligenza Artificiale: un avversario dei creativi o uno strumento da sfruttare?

Se ne sente parlare sempre più: incuriosisce, intimorisce, entusiasma ed elettrizza. Parliamo della tecnologia dell’intelligenza artificiale, che nel corso del 2022 è stata sfruttata come mai prima d’ora per realizzare applicazioni dall’utilizzo sorprendente e quanto mai concreto. Ma andiamo per ordine. Iniziamo definendo cos’è l’AI e come funziona.


Cos’è l’Intelligenza Artificiale?

A livello generale, l’intelligenza artificiale è un insieme di tecnologie differenti che interagiscono per consentire alle macchine di percepire, comprendere, agire e apprendere con livelli di intelligenza simili a quelli umani. Ecco perché ci sembra che le definizioni di intelligenza artificiale siano tutte diverse: l’AI, infatti, è molto vasta e non può essere definita come una sola cosa.

Esistono due tipologie di AI: quella ristretta (o “debole”), ossia la maggior parte delle applicazioni AI che sperimentiamo nella vita quotidiana che eseguono un singolo compito o una serie di attività strettamente correlate (es: le app sul meteo, gli assistenti digitali, ecc.) Questi sistemi sono potenti, ma l’ambito d’azione è limitato, pur continuando ad influenzare quotidianamente il modo in cui viviamo.

L’AI generale (o “forte”), invece, è più simile a ciò che si vede nei film di fantascienza, dove macchine senzienti emulano l’intelligenza umana. Sebbene le macchine possano svolgere alcune attività meglio degli esseri umani (per esempio l’elaborazione dei dati), questa visione totalmente realizzata dell’AI generale nella realtà (purtroppo o per fortuna) non esiste ancora. Fino ad oggi la collaborazione tra uomo e macchina è ancora cruciale, principio per cui la macchina senza l’uomo non ha capacità di operare.

Tutto ciò ha trovato recente applicazione in una realtà che riguarda da vicino i creativi e tutti i ruoli del settore della comunicazione e delle arti visive. Le applicazioni più affini e vicine a quest’ambito derivano dal sistema di generazione automatica di contenuto, il cui funzionamento si basa su un’interazione vocale o testuale per produrre testi oppure immagini.

Due esempi di AI applicata: ChatGPT e Midjourney

Ma tutto questo come viene tradotto in funzionalità reali?
Esistono già alcune applicazioni concrete, basate sull’intelligenza artificiale, che trovano utilizzo nella creazione di contenuti di tipo testuale o visivo. Alcuni chiamano questi software TTI, acronimo di Text-To-Image, e li considerano la vera avanguardia dell’arte digitale. 

Il primo esempio è la già diffusissima App ChatGPT, un prototipo di chatbot, sviluppato da OpenAI, che si basa sul principio del machine learning, e che è specializzato nella conversazione con un utente umano.
Ciò che è capace di generare, datogli un input testuale, è sicuramente al di là delle aspettative iniziali, e quanto di più similare possa esserci a una conversazione con una persona.

Il secondo esempio impossibile da non citare è Midjourney, uno strumento, attualmente disponibile in versione beta aperta, capace di creare immagini da descrizioni testuali di ogni tipo. L’applicazione, sempre basata sull’AI, genera a partire da un testo quattro versioni di immagini alla volta, tra le quali si può scegliere la propria preferita e continuare ad “elaborarla”, dando all’App altri input di perfezionamento.
Midjourney è già stata utilizzata da moltissime realtà, una tra tutte la rivista britannica The Economist, che l’ha sfruttata per realizzare l’immagine di copertina di una sua uscita.

Per non parlare poi di altri esempi altrettanto famosi, come Dall-e oppure il già molto utilizzato Stable Diffusion.

È interessante aggiungere che i software nati da questa tecnologia stanno pian piano diventando “personalizzabili” con caratteristiche differenti e addestrati per essere più performanti in certi stili e generi. Si aggiungono al database degli argomenti specifici, così che il computer impari un certo stile di linguaggio o determinati concetti, o perfino, che ne “dimentichi” altri.

Inutile specificare le infinite applicazioni che entrambi i prototipi potrebbero avere (anzi, che già hanno) nei vari ambiti lavorativi, di studio e di ricerca. Ed è altrettanto inutile specificare il perché queste tecnologie tendano a spaventare chi, sulla creazione di contenuti, ci vive.

Quindi i creativi saranno soppiantati dalle macchine?

La risposta sul breve tempo è: assolutamente no. La prestazione creativa dell’essere umano non può soccombere in alcun modo ai progressi tecnologici, a causa del suo indissolubile legame con la società, uno degli aspetti che ne definisce la più profonda essenza.
Se restiamo ancorati alla realtà del presente, infatti, ci rendiamo conto che l’uomo deve restare al centro del processo di machine learning per permettere alla tecnologia di risolvere i problemi concreti e di concepire, sulla base di questi problemi, soluzioni innovative.
Solo la creatività umana può permettere un passaggio fondamentale nel campo creativo: dal semplice learning della macchina al concetto più ampio e profondo di dreaming proprio solo dell’uomo.

Una corrente di pensiero sostiene, anzi, che l’intelligenza artificiale per la generazione di immagini porterà non al soppianto delle figure professionali del settore, bensì ad un’esplosione di creatività (umana) destinata a modificare in modo permanente l’ambito delle arti visive. Secondo queste persone, infatti, la tecnologia ci permetterà di cambiare totalmente il modo in cui valutiamo il tempo o lo sforzo impiegato in un progetto.

L’avvento delle TTI può essere paragonato alla nascita della fotografia, anch’essa ai tempi vista con scetticismo da critici ed artisti. La fotografia, come abbiamo visto, non ha tolto significato alla figura del creativo, anzi, ha ampliato in modo inimmaginabile gli orizzonti dell’arte. Possiamo pensare che, così come con la fotografia e la professione del fotografo, solo in pochi saranno in grado di realizzare belle immagini grazie a questi software, e ancora meno saranno capaci di dare vita a vere opere d’arte.

Ma che capacità bisogna avere, quindi, per utilizzare e gestire questi strumenti? Secondo Francesco D’Isa – illustratore e filosofo -, per padroneggiare l’uso di questi software «si dovrà avere buona dimestichezza col tutto il mondo visivo e iconografico, perché i termini dell’algoritmo sono quelli legati a questo mondo». È necessario inoltre dare comandi testuali (“prompting”) in maniera specifica ed evocativa: non un procedimento meccanico, quindi, ma un affascinante ibrido tra programmazione e scrittura poetica. Gli artisti dovranno quindi essere in grado di “verbalizzare” l’immaginazione visiva. 

Si può dire, in sintesi e senza sfociare in assolutismi, che è ancora presto per capire in quale modo questa tecnologia innovativa finirà per condizionare illustratori, fotografi e altri creativi. Al momento, però, l’idea che gli strumenti di AI possano rimpiazzare i professionisti nel settore creativo – in maniera analoga a come a volte si parla della possibile sostituzione degli operai da parte dei robot – si può dire sia una semplificazione eccessiva. Infatti, se da una parte alcuni studi mettono in relazione l’utilizzo delle macchine ad una riduzione dell’occupazione e dei salari, è anche dimostrato che in alcuni contesti i robot possono aumentare le opportunità di lavoro.

Come il mondo si sta adattando all’AI: l’esempio di Google

Anche il colosso Google si è lasciato sedurre dalla fama che sta interessando l’Intelligenza Artificiale. All’ultimo World Economic Forum di Davos, il CEO di BigG e altri top executive hanno dichiarato di essere totalmente focalizzati sull’obiettivo di sfruttare l’AI per permettere a Google di affrontare (e di risolvere) le più grandi sfide della nostra epoca, come la previsione di inondazioni, la lotta ai parassiti delle colture alimentari o la previsione di sismi.

E, parlando di creazione automatizzata di contenuti, Google non rinuncia a sfruttare l’AI per fare concorrenza ai software di machine learning già citati: è stato annunciato che potrebbe lanciare, nel prossimo periodo, un software di AI capace di competere con ChatGPT, che attualmente rappresenta una minaccia per il motore di ricerca più popolare al mondo.
Questo chatbot firmato Google si chiamerebbe “Sparrow”, e la sua versione di prova sembrerebbe in grado colmare alcune lacune che presenta ChatpGPT.

Le società di intelligenza artificiale a capo di Google non hanno nascosto di voler creare hardware e software in grado di emulare il più possibile il ragionamento umano attraverso lo sviluppo dell’AGI, l’“intelligenza generale artificiale”; un assunto che può essere interpretato come una promessa o una minaccia, specie da chi svolge ruoli nel settore creativo.

Un’altra prospettiva: l’AI come opportunità di crescita

È doveroso fare un’ulteriore riflessione, se si intende andare a fondo su questa tematica.
Possiamo dire che il genio creativo non risieda solo e soltanto nel compimento dell’opera in sé. Un algoritmo intelligente, così come una scimmia, se posti davanti a una macchina da scrivere potrebbero anche comporre la Divina Commedia, ma si tratterebbe solo di quello che è stato definito “incidente creativo” da Dorrance Kelly nel 2019.

La creazione, infatti, consiste nel dare vita ad una nuova visione del mondo o delle cose; e per quanto possa essere sviluppata la tecnologia dell’AI, una macchina non è ancora dotata di quella facoltà intellettuale e sociale che le permette di generare, intenzionalmente, nuove forme di immagine o di testo capaci di condizionare la cultura umana.

Ma attenzione: pur avendo questo limite, ciò non significa che l’AI non possa essere utilizzata dall’uomo per sviluppare nuove forme creative, anzi. Essa è da considerarsi uno strumento quanto mai valido per supportare ed amplificare l’estro creativo: proprio come una chitarra elettrica può produrre suoni memorabili solo e soltanto nelle mani di un grande chitarrista.

Non perchè, ma come usare l’AI

Arriviamo a trarre le nostre conclusioni da questa riflessione. Possiamo dire che l’AI faccia parte di un progresso che non si può (e non si deve) fermare, e che questa nuova, incredibile tecnologia è, a tutti gli effetti, già a nostra disposizione.
La domanda che dobbiamo porci è se siamo pronti a questa rivoluzione, e a sfruttare in maniera positiva e costruttiva tutte le capacità dell’intelligenza artificiale, di cui dobbiamo essere ben consapevoli fino in fondo, poiché le sue potenzialità sono quasi illimitate.
La risposta andrà costruita dalla società (e da ognuno di noi) passo dopo passo, senza cadere in assolutismi, e ricordandoci che l’esito di questa nuova “collaborazione” uomo-macchina dipenderà solo dal modo in cui decidiamo di sfruttare l’intelligenza artificiale, anche nell’ambito della creatività e delle arti visive.

In fondo potremmo pensare a questi programmi non più come a qualcosa che sfida la capacità umana ma come un “potenziamento del nostro cervello, una sorta di immaginazione aumentata” (cit. Gregorio Magini). E come ha scritto  Garry Kasparov, autore di un saggio su questo tema: “l’ideale è pensare al futuro dell’arte con positività, auspicando una conciliazione tra il mondo dell’informatica e quello della creatività”.

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